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Agricoltura Coldirettinews - 10/01/2022

Agricoltura
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Tutte le news di agricoltura con la collaborazione di Coldiretti Piemonte e delle sedi provinciali della nostra Regione. 10 gennaio 2022. Roberto Bianco subentra a Roberto Rampazzo. “Il territorio come forza e base del rinnovamento” .  FAUNA SELVATICA: FALLIMENTARI FINO AD OGGI LE AZIONI DELLA REGIONE. Coldiretti Torino: «Inquinamento dell'aria a Torino. «Basta usare l'agricoltura come capro espiatorio». Vaccini: obbligo nei campi per 1 su 3, flessibilità lavoro per garantire le forniture agroalimentari. COVID, COLDIRETTI: SUPER GREEN PASS PER SALVARE PROVVISTE DI CIBO.

Cambio al vertice: Coldiretti Alessandria ha un nuovo Direttore Provinciale

Roberto Bianco subentra a Roberto Rampazzo. “Il territorio come forza e base del rinnovamento” 

L’emergenza Covid ha evidenziato quanto sia fondamentale sostenere l’economia di prossimità

Cambio al vertice e nuovo Direttore per Coldiretti Alessandria.

Roberto Bianco, originario di Cuneo, è stato nominato alla guida della Federazione alessandrina, succedendo a Roberto Rampazzo.

Da oltre 20 anni in Coldiretti, è stato Direttore del patronato Epaca/Coldiretti dal 2002; primo incarico nella federazione di Arezzo per poi continuare, nel 2004 presso la sede emiliana di Reggio nell’Emilia. Dal 2008 ritorna in Piemonte assumendo l’incarico presso la Federazione di Cuneo ricoprendo inoltre, negli ultimi anni, il ruolo di Vice Direttore della Federazione cuneese.

Il passaggio di consegne si è svolto alla presenza del Delegato Confederale Bruno Rivarossa e Giovanni Benedetti, Capo Area Organizzazione della Confederazione.

Bruno Rivarossa nel presentare alla dirigenza di Coldiretti Alessandria la figura di Roberto Bianco ha sottolineato come “veniamo da anni di intuizioni geniali e straordinarie che ci vengono riconosciute dalla società” e ha ribadito come “questo avvicendamento di direzione risponda ad un rinnovamento nella continuità per far crescere il progetto economico di Coldiretti, offrendo alla base associata le risposte di cui ha bisogno e ai consumatori, con Campagna Amica, un punto di riferimento  importante, continuando la battaglia per la rintracciabilità in etichetta e la difesa del vero Made in Italy”.

Ad aprire i lavori il Presidente provinciale Mauro Bianco che ha ringraziato Roberto Rampazzo per il suo impegno in terra alessandrina: “Il mio è un ringraziamento per il percorso condiviso, per tutti i risultati che Coldiretti Alessandria ha raggiunto in questi anni di cambiamento e per la vicinanza che Roberto ha sempre dimostrato al territorio in un periodo tanto difficile come quello pandemico. Come Consiglio di amministrazione siamo certi che, insieme a Roberto Bianco, stesso mio cognome ma nessun grado di parentela, continueremo a lavorare in modo proficuo per la crescita e la competitività del territorio”.

“E’ stato un periodo intenso, che mi ha insegnato molte cose, ad amare una regione come il Piemonte, che per me rappresentava un territorio quasi sconosciuto – ha sottolineato nel suo discorso di ringraziamento Rampazzo -. Ho avuto modo di confrontarmi con i problemi maggiori del Basso Piemonte: spero di aver contribuito al cammino, alla crescita e a quella rigenerazione di cui tanto parliamo in modo propositivo abbandonando la logica del “si è sempre fatto così”. La collaborazione che ho trovato è stata fondamentale, sono grato ai dirigenti, alla struttura, e a quanti mi hanno aiutato, specialmente appena arrivato, a farmi sentire come a casa”.

Roberto Bianco ha accolto ufficialmente la carica di direttore ribadendo quanto per lui sia fondamentale lavorare “in squadra”, per un unico progetto comune: costruire la Coldiretti del futuro mettendo sempre al centro la persona, il socio e la Sua azienda.

“Alessandria rappresenta un nuovo percorso, un’agricoltura variegata per tipologia e caratteristiche, un territorio importante per il tessuto economico piemontese, giustamente considerato uno dei granai d’Italia, dalle indiscusse potenzialità – ha affermato il neo Direttore Roberto Bianco -. Dirigere una Federazione come questa è una vera e propria sfida, soprattutto in un momento congiunturale non facile ma spero di riuscire ad inserirmi appieno nel contesto dirigenziale e strutturale. Ovviamente mi serve l’aiuto e la collaborazione di tutti, della Dirigenza e della Struttura, affinché quella sinergia in cui credo, venga attuata ogni giorno e si possano così mettere in campo nuove idee e nuove strategie per essere sempre più all’altezza delle aspettative delle aziende alessandrine, in attuazione del grande progetto economico di Coldiretti, per tutelare le nostre imprese e le produzioni Made in Italy”.

Una “nuova” Coldiretti, al fianco di imprese agricole moderne, che puntano alla propria crescita sugli elementi di distintività e legame territoriale.

“L’emergenza Covid ha evidenziato come l’agricoltura sia centrale per il sistema Paese, pilastro dell’economia sia locale che nazionale – ha aggiunto il neo Direttore Roberto Bianco -. Le nostre imprese hanno saputo affrontare le incertezze del mercato e imboccare la strada dell’innovazione, dell’origine, della trasparenza. Ringrazio per la fiducia che mi ha dato la Coldiretti. Mi attende un percorso nuovo nel quale mi auguro di poter portare un po’ del mio vissuto personale e del bagaglio professionale maturato in questi anni. Intendo proseguire di slancio il cammino già avviato, con l’aiuto e la collaborazione di tutti”.


FAUNA SELVATICA: FALLIMENTARI FINO AD OGGI LE AZIONI DELLA REGIONE

Serve urgentemente un tavolo di lavoro costruttivo per situazione ormai al collasso

Dopo il caso accertato di Peste Suina Africana e altri due in attesa di conferma, tra Piemonte e Liguria, siamo costretti ad affrontare una grave emergenza sanitaria, causata dalla mancata azione di prevenzione. 

Abbiamo più volte evidenziato - sottolinea la Coldiretti - il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette.

“E’ evidente che l’azione della Regione sia stata fino ad ora fallimentare per quanto riguarda il contenimento della fauna selvatica. Nonostante Coldiretti Piemonte avesse inviato nei tempi, lo scorso 13 settembre, le specifiche e puntuali osservazioni alla proposta regionale riguardante le Linee guida per la gestione venatoria e l’attività di contenimento del cinghiale nella Regione Piemonte, non abbiamo ricevuto nessun segnale di apertura ad un confronto per dare il via concretamente ad una nuova stagione con misure utili a sanare una situazione che è sempre più vicina al collasso” - è quanto afferma Marco Reggio Presidente Coldiretti Asti a seguito dell’invio da parte di Coldiretti Piemonte di un nuovo documento in Regione contenente alcuni specifici punti su cui occorre porre l’attenzione con priorità.

“Già nello scorso 8 luglio, in occasione della manifestazione che abbiamo organizzato in piazza Castello, a Torino, avevamo presentato chiare e precise proposte finalizzate a garantire la continuità dell’attività produttiva – continua Diego Furia Direttore Coldiretti Asti – e riteniamo che le stesse siano tutt’ora attuali ed attuabili per far fronte ad una situazione ormai insostenibile. Dalla Regione, però, le risposte non sono mai arrivate per cui auspichiamo che adesso voglia finalmente mettere mano a questa partita e si possa, così, aprire veramente un confronto costruttivo”.

A livello nazionale, nella Legge di Bilancio 2022, è stata approvata una dotazione di 500 mila euro per l’introduzione, in Italia, del vaccino immuno contraccettivo GonaCon. 

“Sperimentare la sterilizzazione è stato anche un argomento da noi affrontato da tempo, ma abbiamo sempre parlato e proposto una forma che potesse agire tramite esche, come stanno sperimentando in altre nazioni. E’ evidente che la formula finanziata sia inapplicabile perché in tal modo il cinghiale dovrebbe essere catturato, vaccinato e poi nuovamente liberato, invece che giustamente abbattuto. Un’occasione persa per introdurre, invece, lo studio di una sterilizzazione più utile e realistica”, concludono Reggio e Furia.


Coldiretti Torino: «Inquinamento dell'aria a Torino. «Basta usare l'agricoltura come capro espiatorio»

L'agricoltura non può essere responsabile del peggioramento della qualità dell'aria che, da settimane, sta nuovamente ammorbando Torino. Lo afferma Coldiretti Torino. «Per una ragione molto semplice - precisa il presidente Sergio Barone - In questo periodo dell'anno l'agricoltura è praticamente ferma. Se si esclude la normale vita delle mucche e dei maiali nelle stalle, non ci sono concimazioni, a parte qualche agricoltore che si porta avanti col lavoro spargendo naturalissimo letame, concime principe dell'agricoltura sostenibile che accompagna la produzione di cibo fin dagli albori dell'agricoltura neolitica, cioè da 5.000 anni. È assolutamente ridicolo, per un'area urbana tra le più trafficate d'Italia, cercare nell'agricoltura il capro espiatorio dell'inquinamento dell'aria di Torino».

Nel suo ultimo rapporto, l'Ispra, braccio tecnico del Ministero della transizione ecologica, ha indicato nel traffico e nelle emissioni industriali le prime cause di emissioni di gas serra. Ne è un esempio il peggioramento della qualità dell'aria dopo i miglioramenti registrati durante i lockdown del 2020: con le chiusure la qualità dell'aria è migliorata perché è crollato il traffico per il divieto degli spostamenti e per la didattica a distanza; questo mentre l'agricoltura e l'allevamento hanno continuato a funzionare a pieno regime per garantire i rifornimenti alimentari. Quando è tornato a crescere il traffico è tornato a crescere anche l'inquinamento da gas serra.

Le emissioni dell'agricoltura sono limitate a queste fonti: per il PM10, gli scarichi dei mezzi agricoli, che sono in numero limitato in confronto al parco veicoli circolanti; l'abbruciamento delle stoppie e dei residui colturali, pratica sempre più limitata che oggi non attua quasi più nessuno; le emissioni di gas azotati, come l'ammoniaca, derivati dallo spandimento dei concimi, dall'urina dei bovini e dei suini; Per le emissioni di gas serra, il metano rilasciato dalle deiezioni e la flatulenze degli stessi bovini e suini che vivono nelle stalle. E, per quanto si consigli di migliorare l'alimentazione animale per ridurre le emissioni di gas intestinale, le stalle non sono certo l'attività economica prevalente per l'area urbana torinese.

Se si guarda al particolato fine (Pm 10 e PM 2,5) da sempre si sa che è prodotto soprattutto dai fumi di combustione. I maggiori imputati sono i motori diesel e benzina più vecchi,  i processi industriali che generano fumi e le centrali termiche non ancora metanizzate. Queste sono fonti dirette di produzione di polveri sottili. La responsabilità della formazione di particolato da parte del comparto agricolo è, invece, soprattutto, di tipo indiretto: gli effluvi di ammoniaca provocati dalle deiezioni animali e dei concimi reagiscono negli strati alti dell'atmosfera formando anche loro, come avviene per i fumi, solfati e nitrati di ammonio, che costituiscono gran parte della componente, secondaria, inorganica, del particolato. Si tratta del cosiddetto "smog fotochimico" che si forma in alto, molto in alto, negli strati superiori dell'atmosfera, dove viene quasi sempre disperso dalle grandi correnti d'aria intercontinentali che, per l'area torinese, scorrono prevalentemente da ovest-sud ovest verso est. Visto che a ovest di Torino ci sono le Alpi che, in inverno, praticamente non ospitano attività agricole, questo particolato di origine agricola non investe l'area torinese ma vola verso altre zone della Pianura Padana.

Inoltre, sempre a proposito di emissioni agricole di ammoniaca leggiamo sul sito di ARPA Piemonte che "dal punto di vista temporale, le emissioni di ammoniaca a seguito dello spandimento di reflui zootecnici si collocano nel periodo compreso fra febbraio e novembre, principalmente in primavera e autunno", quindi, non può essere la concimazione dei campi la prima causa dell'inquinamento dell'aria di Torino nei mesi invernali.

Altro punto: gli studi sul contributo degli ossidi di azoto nella formazione del particolato e gli studi sul contributo dell'agricoltura nel diffondere ossidi di azoto sono ancora tutti troppo recenti per trarre conclusioni affrettate. Mentre i contributi delle emissioni al suolo di PM10 e di ossidi azoto sono ben conosciuti. Si sa da sempre che sono prodotte direttamente dai motori e dalle caldaie in loco, cioè nella stessa area urbana di Torino e ristagnano con le alte pressioni e con le inversioni termiche invernali. Senza l'agricoltura l'area urbana torinese non avrebbe il grande contributo verde di sequestro della CO2 e delle stesse polveri sottili determinato dalle colture: le coltivazioni e il verde urbano forniscono, infatti, un efficiente contributo per disinquinare l'aria nelle città e nelle periferie.


li effetti del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri su vaccinazione per over 50

Vaccini: obbligo nei campi per 1 su 3, flessibilità lavoro per garantire le forniture agroalimentari

Molti arrivano da Paesi dove utilizzano sieri non conosciuti in Italia, semplificare le assunzioni

L’obbligo vaccinale per gli over 50 interessa più di un lavoratore su tre (34%) in agricoltura dove molto forte è la presenza di stranieri provenienti da Paesi dove vengono utilizzati sieri non riconosciuti in Italia con il rischio concreto della perdita dei raccolti.

E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Inps sugli effetti del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri che prevede l'obbligo di vaccinazione per gli over 50 e dunque del super green pass per i lavoratori in questa fascia d'età.

Sono oltre 350mila i lavoratori agricoli con più di 50 anni sul totale di 1,046 milioni secondo l’analisi della Coldiretti su dati Inps dalla quale emerge peraltro che la categoria tra i 50 ed i 55 anni è la più numerosa.

“A livello nazionale – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – i lavoratori stranieri, che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura, provengono da ben 155 Paesi diversi, fornendo il 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. In molti casi si tratta di Paesi in cui è stato autorizzato il vaccino russo Sputnik russo, ma non mancano gli stranieri immunizzati con il siero cinese Sinovac, che non sono riconosciuti in Italia ed in Europa”.

Con la piena ripresa delle attività agricole è facile dunque prevedere l’accentuarsi della mancanza di lavoratori necessari nelle campagne per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione in un momento in cui con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di incertezza, accaparramenti e speculazioni che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali come l’energia e il cibo.

In provincia di Alessandria negli anni scorsi sono stati oltre 2.500 lavoratori con contratti stagionali, di questi il 90% impiegati nei vigneti, circa 500 le aziende che hanno usufruito dei voucher.

“In questo contesto va segnalato che le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia, ha ridotto la presenza di lavoratori stranieri ed aumentato quella degli italiani che sono tornati a considerare il lavoro in agricoltura un’interessante opportunità - ha aggiunto il presidente Bianco -. Per favorire un cambio generazionale in un momento di crescente interesse per il lavoro in campagna a contatto con la natura è importante introdurre strumenti di flessibilità che consentano ai giovani italiani di fare un’esperienza in agricoltura dove accanto alle figure tradizionali come potatori di alberi da frutta, vigneto o ai trattoristi venga affiancata la sfida della rivoluzione digitale con gli investimenti in droni, gps, robot, software e internet per combattere i cambiamenti climatici, salvare l’ambiente e aumentare la sostenibilità delle produzioni”.

Per cogliere questa opportunità e garantire l’adeguata copertura degli organici necessari a salvare i raccolti è urgente dunque adottare con strumenti concordati con i sindacati, che consentano anche ai percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter collaborare temporaneamente alle attività nei campi  per questo Coldiretti chiede un piano per la formazione professionale e misure per ridurre la burocrazia e contenere il costo del lavoro con una radicale semplificazione che possa garantire flessibilità e tempestività di un lavoro legato all’andamento climatico sempre più bizzarro.

“La pandemia ha accelerato il fenomeno del ritorno alla terra e maturato la convinzione comune che le campagne siano oggi capaci di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale, sia per chi vuole intraprendere che per chi vuole un lavoro al contatto con la natura” ha concluso il presidente Bianco nel sottolineare che “per cogliere questa opportunità servono norme per la semplificazione delle assunzioni”.


COVID, COLDIRETTI: SUPER GREEN PASS PER SALVARE PROVVISTE DI CIBO

Adottare tutti i provvedimenti per evitare blocco filiera alimentare

Con l’avanzare dei contagi, è importante non mettere a rischio le forniture alimentari del Paese garantite da quasi 4 milioni di persone che dai campi alle stalle, dalle industrie dalla botteghe fino alle catene delle distribuzione fino ad ora non hanno mai smesso di lavorare durante la pandemia. È quanto afferma Coldiretti in riferimento all'obbligo del super green pass al lavoro.

Nel 2021 il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia per un valore di 575 miliardi di euro con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente nonostante le difficoltà legate alla pandemia, anche grazie al record storico nelle esportazioni che hanno raggiunto il valore di 52 miliardi, secondo una stima della Coldiretti.

“La necessità – spiega Roberto Moncalvo Delegato Confederale Coldiretti Cuneo – è quella di adottare tutti i provvedimenti per contenere i contagi per non bloccare le filiere strategiche del Paese come quella alimentare. Una esigenza per i cittadini ma anche per gli imprenditori in un settore che deve seguire la stagionalità dei raccolti e rispettare la deperibilità delle produzioni. Oltretutto, ora con il ritorno di diverse regioni in zona gialla, tra cui il Piemonte, si fanno sentire le difficoltà a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini soprattutto nelle località turistiche per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla carne, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”.


* Fonte e Ph. Coldiretti Piemonte

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