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Agricoltura Coldirettinews - 13/09/2021

Agricoltura
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Tutte le news di agricoltura con la collaborazione di Coldiretti Piemonte e delle sedi provinciali della nostra Regione. 13 settembre 2021. Vino: è boom per enoturismo e aumenta export. Economia del comparto in crescita. Erbaluce di Caluso: desta perplessità tra i produttori del Canavese la proposta di allargare la zona di produzione. Biologico: record storico di consumi, +7,6%. Necessario approvare nuova legge nazionale. Qualità dell'aria: rivalutare urgentemente le limitazioni per assicurare produzioni Made in Piemonte.

Settore in ripresa con riapertura ristorazione e si registra un +16% esportazioni  

Vino: è boom per enoturismo e aumenta export. Economia del comparto in crescita

Vigneti, cantine e buon cibo: il territorio alessandrino molto apprezzato da turisti italiani e stranieri

Con la riapertura della ristorazione in tutto il mondo e la ripresa delle esportazioni si stima un fatturato superiore agli 11 miliardi per il vino italiano nel 2021. E’ quanto emerge da una stima della Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Assoenologi-Ismea-Uiv. Una cifra raggiunta grazie all’aumento dei consumi interni e delle esportazioni. L’Italia nonostante le difficoltà dell’anno del Covid, infatti, resta leader mondiale davanti a Spagna e Francia.

Il mercato sta dando buoni segnali di ripresa post pandemia con le riaperture delle attività ristorative e con l’export che nei primi sei mesi del 2021 ha fatto segnare il +16% rispetto allo scorso anno per il vino alessandrino che, proprio per le sue elevate qualità, è particolarmente richiesto in Cina, Giappone, Corea, e Gran Bretagna con il maggior export è rappresentato dal Gavi mentre cresce la richiesta di Barbera Piemonte negli Stati Uniti. La provincia di Alessandria vanta 12 Doc e 7 Docg, il comparto vitivinicolo alessandrino conta 10.544 ettari di superficie vitata per una produzione di 845.189 quintali nel 2020 e 591.633 ettolitri prodotti, mentre la produzione di uva da tavola è di circa 950 quintali.

“L’elemento che caratterizza maggiormente la nuova stagione del vino italiano, ed attrae tanti giovani imprenditori che prendono in mano le redini delle aziende imprimendo una svolta innovatrice, è l’attenzione verso la sostenibilità ambientale, le politiche di marketing ed il rapporto sempre più diretto con i consumatori – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Grande interesse per l’enoturismo nei nostri territori che, durante l’estate appena trascorsa e per i prossimi mesi autunnali, sono méta di numerosi turisti curiosi di scoprire le cantine e le peculiarità dei vini Made in Alessandria degustando, in abbinamento, i piatti tipici locali”.

In questo momento storico particolare, contrassegnato dall’emergenza Covid, vigneti, cantine e borghi rurali sono stati riscoperti e l’enoturismo ha rafforzato la sua tendenza in forte crescita nei territori della provincia alessandrina vocati alla produzione di vini noti e pregiati.

“Trascorrere una giornata in cammino attraverso i vigneti pianificando una tappa in cantine e aziende agricole è sempre più presente nelle agende di turisti e appassionati di wine trekking, con prospettive interessanti non solo per le cantine ma anche per i numerosi agriturismi che svolgono l’apprezzata funzione di ‘punto tappa’ – ha aggiunto Stefania Grandinetti Presidente regionale e provinciale Terranostra -. Un patrimonio conservato nel tempo grazie alle imprese agricole che assicurano un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture agricole storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari. Ma si tratta, soprattutto, di una risorsa che può contare su un patrimonio di antiche produzioni agroalimentari tramandate da generazioni in un territorio unico per storia, arte e paesaggio che sono le principali leve di attrazione turistica”.

Il sistema vitivinicolo, nonostante il difficile periodo del lockdown che ha messo a dura prova l’intero settore, ne esce con una visione complessiva nuova e propositiva ma, “a preoccupare – ha concluso il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -  sono le nuove politiche europee come la proposta di mettere etichette allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiare il consumo o anche il via libera dell’Unione Europea a nuove pratiche enologiche come la dealcolazione parziale e totale che secondo Coldiretti rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo permettendo di chiamare ancora vino un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità”.


Erbaluce di Caluso: desta perplessità tra i produttori del Canavese la proposta di allargare la zona di produzione

Desta perplessità tra i produttori di Erbaluce di Caluso la proposta di allargare l'attuale zona di produzione. Gianluigi Orsolani, viticoltore a San Giorgio, informa: «La proposta di allargamento oggi arriva da alcuni soci del Consorzio per la Tutela e la valorizzazione dei vini Docg di Caluso e Doc di Carema e Canavese che vogliono sottolineare il fatto che un nome di vitigno non può essere a uso esclusivo di una denominazione» e poi aggiunge subito: «La mia posizione è questa. A livello europeo, tra 550 vitigni registrati, solo undici vitigni italiani, tra cui tre piemontesi, hanno il nome del vitigno collegato al nome del toponimo che, nel nostro caso è Caluso e quindi non si può mai usare il nome Erbaluce se non con il toponimo Caluso. Questo tipo di protezione è stata data dalla Comunità europea nel 2009. Una eccezionalità che non può essere banalmente lasciata andare senza essere adeguatamente difesa. Gli unici che possono decidere di uscire fuori da questo tipo di protezione sono i produttori stessi, votando l'abbandono di questa protezione. Una protezione che potrebbe essere cancellata anche con una sentenza del Tar o da una modifica delle leggi. Oggi si sta facendo pressione affinché i viticoltori stessi votino per un abbandono di questo tipo di protezione. Io dico questo: quando uno pensa al Canavese si ricorda della storia dell'Olivetti e dell'Erbaluce di Caluso. Io ritengo questo vitigno molto importante per la promozione e il turismo del territorio. L'eventuale allargamento rappresenterebbe un indebolimento della eccezionalità del nostro territorio collegato al nome del vitigno Erbaluce».

Massimiliano Bianco, produttore di Erbaluce, delle cantine Briamara, di Cuceglio, spiega: «La motivazione principale della nostra contrarietà all'allargamento dei territori di produzione è che l'Erbaluce è un vitigno autoctono, l'Erbaluce è doc da oltre 50 anni, è una delle prime doc piemontesi. Un vitigno radicato nel Canavese grazie ai romani». «La richiesta di allargare i territori di produzione dell'erbaluce  arriva dopo che i vigneti sono stati impiantati – prosegue Massimiliano Bianco -. Non sarebbe stato meglio ragionare prima di impiantare nuovi vigneti di Erbaluce fuori dalle attuali zone vocate. Oggi sono 36 i comuni che possono fregiarsi della Docg Erbaluce. Invece di impiantare nuovi vigneti in territori fuori dal Canavese sarebbe stato meglio realizzare nuovi vigneti nelle aree libere delle zone vocate. Allargare i territori di produzione dell'Erbaluce potrebbe portare a un abbassamento del valore del prodotto: così è successo con il Prosecco. Non solo: oggi contiamo su 250 ettari vitati  Erbaluce, se un domani raddoppieremo la superficie vitata indubbiamente il terreno si svaluterà».

Bruno Giacometto, produttore di Erbaluce, con azienda e vigneti a Caluso, afferma: «Il nome Erbaluce di Caluso è conosciuto come il vino di questa zona, del Canavese. In questi anni, abbiamo lavorato in questa direzione. Allargare la zona di produzione come minimo porterà confusione. E poi, sul mercato arriverebbero altri Erbaluce, completamente diversi come caratteristiche organolettiche da quelli attuali».

Luca Leggero, produttore di Erbaluce, a Villareggia: «Alla base del no allargamento delle aree di produzione dell'Erbaluce c'è il rischio della perdita di identità del nostro territorio. Oggi l'Erbaluce di Caluso è una risorsa per il nostro territorio. Le denominazioni di origine Erbaluce sono un formidabile punto di forza e di valore per il Canavese. Solo dalle viti a dimora nel Canavese viene prodotto l'Erbaluce. Regalare una dizione di questo tipo a territori che tradizionalmente non sono vocati alla produzione di Erbaluce, significherà automaticamente svalutare il nostro prodotto e il nostro territorio. Erbaluce di Caluso è anche il nome esatto della denominazione di origine: non ha senso regalare questo nome a nessuno perché solo noi abbiamo l'esclusiva per la produzione di questo vino che è uno dei più grandi bianchi d'Italia».

Mario Gnavi, produttore di Erbaluce, di Caluso, vice presidente della Cantina Produttori Erbaluce di Caluso e componente del cda della cantina, premette: «Rispetto alla proposta di allargamento, abbiamo preso la decisione di far votare tutti i soci, coloro che non saranno presenti in assemblea saranno comunque contattati. Rispetto a questa vicenda oggi siamo a un punto di svolta». Fatta questa premessa, Mario Gnavi prosegue cosi: «Io esprimo la mia perplessità sulla possibilità di procedere con la liberalizzazione della denominazione del vitigno Erbaluce. Per tanti motivi. Sono anni che la richiesta viene ripresentata. Questo tira e molla deve finire. Ritengo importante chiedere alla controparte interessata alla liberalizzazione di presentare dati e numeri oggettivi a sostegno di questa richiesta. Vogliamo sapere quali vantaggi porterebbe l'eventuale l'allargamento della zona di produzione dell'Erbaluce. E una cosa che ho sempre chiesto in tutti questi anni, ma sinora nessuno mi ha mai fornito spiegazioni in merito». Mario Gnavi aggiunge: «Negli anni l'allargamento era chiesto da aziende del novarese, oggi la richiesta arriva anche da produttori aderenti al Consorzio per la Tutela e la valorizzazione dei vini Docg di Caluso e Doc di Carema e Canavese. Per decidere avremo bisogno di una maggioranza qualificata. Se la proposta verrà approvata sarà concessa la possibilità di scrivere Erbaluce di Caluso sulle bottiglie di vino oggi prodotte nei territori di altri comuni del Canavese – oltre ai 36 che oggi fanno parte della Docg - che ora producono Canavese bianco, nei vigneti dei Comuni novaresi che ora producono Colline novaresi e ai territori vercellesi che oggi producono Coste della Sesia».

Davide Gamerro, produttore di Erbaluce, con le vigne a Caluso, afferma: «La proposta di allargamento riguarda superfici vitate dei colli novaresi che poco hanno a che fare con i territori vitati dell'Erbaluce di Caluso. Le nostre vigne sono basate sulla tipica pergola canavesana, dove la parte manuale è ancora molto importante, mentre chi chiede l'allargamento coltiva i vigneti con una metodologia prevalentemente industrializzata. Con il via libera allargamento avremo sul mercato due prodotti nettamente diversi con lo stesso nome: questo è il problema. Non ha senso chiamare con lo stesso nome due prodotti diversi per luoghi di produzione e per metodologia di coltivazione. Io sono un giovane e in questi anni ho molto investito sull'Erbaluce di Caluso. L'allargamento inevitabilmente sminuirebbe il valore degli investimenti. La decisione rispetto alla richiesta di allargamento va presa nel più ampio e condiviso modo possibile».

Mauro Canale, produttore di Erbaluce, con vigneti a Piverone, afferma: «Io sono contrario a un allargamento a scatola chiusa. Dovremo valutare bene i pro e i contro. L'Erbaluce è una risorsa del Canavese e prima di perderla mi piacerebbe ragionare un attimo per capire se veramente è utile l'allargamento dei territori per la produzione dell'Erbaluce. Per decidere occorrerà riuscire a capire se l'apertura a nuovi produttori potrà portare o meno un ritorno positivo dell'attuale situazione di mercato. In questa zona abbiamo lavorato trent'anni per legare le produzioni vitivinicole al territorio. Sono quindi titubante rispetto al fatto che, ora, di punto in bianco, si vorrebbe allargare la zona di produzione di questo vitigno autoctono».

Sergio Barone, vice presidente di Coldiretti Torino, chiude così i commenti: «Coldiretti è a fianco dei produttori vitivinicoli locali in questo momento chiamati a difendere le loro produzioni. Invece di scegliere di ampliare i territori di produzione dell'Erbaluce meglio sarebbe lavorare per valorizzare l'Erbaluce di Caluso, preziosa e insostituibile risorsa per tutto il territorio Canavese»


Emergenza Covid ha fatto scattare la scelta Bio nel carrello di 1 alessandrino su 4

Biologico: record storico di consumi, +7,6%. Necessario approvare nuova legge nazionale

A livello provinciale crescita ininterrotta della domanda da oltre un decennio, +12% vendite

Il carrello della spesa green sale al valore record di 10 miliardi per effetto dell’aumento del 7,6% degli acquisti con la scelta, sempre più spesso, di prodotti che fanno riferimento all’ambiente dal “sostenibile” al “riciclabile”, dal “biologico” al “100% naturale”.

E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti su dati dell’Osservatorio Immagino relativi al 2020. Una svolta spinta dall’emergenza Covid con più di un alessandrino su quattro (27%) che nel tempo della pandemia acquista più prodotti ecofriendly rispetto a prima.

Oltre 300 i produttori bio della provincia di Alessandria, per consumi cresciuti a livello territoriale con un +12% delle vendite al dettaglio grazie ad un’impennata della domanda ininterrotta da oltre un decennio. A livello regionale sono oltre 50 mila ettari sono ad oggi coltivati con metodo biologico e le produzioni riguardano soprattutto colture da foraggio, prati, cereali, frutta e vite. Molto richiesto a livello internazionale è il vino biologico piemontese. Sono oltre 3 mila gli operatori certificati biologici tra produttori, trasformatori, preparatori ed importatori.

“Acquistare prodotti a chilometri zero è un sostegno all’economia e all’occupazione locale ma anche un segnale di attenzione al proprio territorio e alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, con un impatto anche sulla riduzione dello spreco alimentare perché i cibi in vendita sono più freschi e durano di più e perché non devono percorrere lunghe distanze – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. In un Paese come l’Italia, che è leader in Europa nel numero di imprese impegnate nel biologico, occorre approvare subito la legge nazionale che prevede anche l’introduzione di un marchio per il bio italiano per contrassegnare come 100% Made in Italy solo i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale”. 

Il provvedimento sostiene, tra l’altro, anche l’impiego di piattaforme digitali per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti con una delega al Governo per rivedere la normativa sui controlli e garantire l’autonomia degli enti di certificazione.

“Un passo importante per dare la possibilità di distinguere sullo scaffale i veri prodotti biologici del nostro territorio dinanzi all’invasione di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei. L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo - per il nostro territorio in cui continuiamo a vedere una svolta green dell’agricoltura italiana che detiene il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario”.


PIANO STRAORDINARIO QUALITA' DELL'ARIA

Rivalutare urgentemente le limitazioni per assicurare produzioni Made in Piemonte

Il 15 settembre verrà riattivato il sistema del semaforo per il controllo della qualità dell'aria, introdotto da Regione Piemonte con la delibera del 26 febbraio 2021.

"La riattivazione del meccanismo a semaforo colpirà, in modo più pesante di altri, il settore agricolo, rischiando di generare pesanti ripercussioni, sia in termini di gestione del ciclo produttivo, che sul fronte della tenuta economica, in un periodo già fortemente condizionato da un andamento altalenante dei mercati, per effetto della pandemia - affermano Marco Reggio presidente Coldiretti Asti e Diego Furia Direttore Coldiretti Asti" - "E' inaccettabile il silenzio della Regione, nonostante le nostre puntuali osservazioni sulla questione, presentate nei tempi dovuti".  

"Serve un'azione che sia coordinata con quanto adottato dalle altre Regioni del Bacino Padano, non può essere l'agricoltura – ricordano ancora Reggio e Furia – praticamente l'unico settore a dover sostenere il prezzo di tale processo quando, oltretutto, il comparto zootecnico, negli ultimi 30 anni, è stato capace di ridurre del 23% le emissioni di ammoniaca in atmosfera ed ha dimostrato di riuscire a soddisfare i target di contenimento delle emissioni. E' imprescindibile una rivalutazione delle limitazioni, dunque, per poter assicurare le produzioni piemontesi fondamentali per la catena alimentare".


* Fonte e Ph. Coldiretti Piemonte

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