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Agricoltura Ultime Notizie - 24 gennaio 2024

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Agricoltura Ultime Notizie - 24 gennaio 2024 - “Carne coltivata”: stop in Europa arriva dopo flop in Usa, fare chiarezza sul nome. Mar Rosso: SOS costi nei campi, preoccupante impatto su export e produzione delle imprese. L'agricoltura non è la prima responsabile dell'inquinamento dell'aria.

Maggioranza qualificata di Paesi UE pronta a chiedere la “moratoria” su consumo e produzione. “Carne coltivata”: stop in Europa arriva dopo flop in Usa, fare chiarezza sul nome. Scelta coerente con NO a carne clonata e ormoni. Rispettare il principio di precauzione.

Lo stop da parte di buona parte dei Paesi dell’Unione Europea è coerente con il fatto che la UE ha già deciso di vietare gli alimenti prodotti da animali clonati e da oltre 40 anni la carne trattata con ormoni che vengono utilizzati invece nei bioreattori per la produzione di cibi artificiali per i quali si chiede di non usare il termine “carne coltivata”, ritenuto fuorviante anche dal rapporto Fao/Oms che suggerisce di chiamarli “cibi a base cellulare”. Una maggioranza qualificata di Paesi dell’Unione Europea che è pronta a chiedere la “moratoria” sul consumo e la produzione della “carne coltivata” per motivi di tutela della salute, etici, economici e ambientali, in caso di voto.

E’ quanto ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco nel commentare il risultato della discussione del Consiglio Agricoltura e Pesca dell’UE sulle preoccupazioni relative alle produzioni di alimenti in laboratorio.

Hanno infatti garantito supporto alle preoccupazioni contenute nella nota presentata per la discussione Austria (firmatario), Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia (firmatario), Grecia, Ungheria, Italia (firmatario), Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna mentre altri non intervenuti nel corso della discussione avevano garantito supporto scritto (Cechia, Malta e Romania). In caso di eventuale voto questo gruppo di Paesi, senza considerare tra l’altro quelli non intervenuti nel corso della riunione, rappresenterebbe già una maggioranza qualificata (17 paesi e 67,45% della popolazione) sul totale dei 27 dell’Unione.

La Commissaria alla salute e sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, peraltro è intervenuta per sottolineare che sono legittime le preoccupazioni espresse da molti paesi sulle questioni sociali, ambientali e etiche, in quanto sono disponibili ancora troppi pochi dati in termini di emissioni, impatti ambientali o prezzi. La Commissione, infatti ha chiesto all’EFSA di aggiornare le linee guida proprio per integrarle con le recenti informazioni scientifiche sui cibi sintetici.

“La crescente diffidenza conferma infatti la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda. Proprio per questo, la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico. Queste nuove pratiche includono la produzione di alimenti utilizzando la tecnologia delle cellule staminali con la necessità di evitare rischi per la salute dei consumatori”, ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco.

L’alleanza nata in Europa fa proprie le perplessità sollevate per prima dalla Coldiretti e conferma il ruolo di apripista dell’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare, nelle politiche di tutela della salute dei cittadini. Dopo l’Italia dove è stata approvata una legge sotto la spinta della raccolta di oltre 2 milioni di firme da parte della Coldiretti, la presa di posizione di un numero crescente di Paesi è una risposta all’esigenza di avere analisi di impatto univoche da parte della ricerca pubblica ed evitare di trasformare i cittadini in cavie umane, come per primi abbiamo chiesto.

Nel documento condiviso dalla maggioranza qualificata di paesi si legge che “prima di qualsiasi autorizzazione i Paesi sostenitori chiedono  alla Commissione  di avviare una consultazione pubblica sui cibi a base cellulare” che “non possono mai essere chiamati carne” e pongono “questioni etiche, economiche, sociali e ambientali, nonché sulla nutrizionali e di sicurezza sanitaria” rimettendo in discussione il quadro normativo attuale che risulta inadeguato anche perché queste nuove pratiche includono la produzione di alimenti utilizzando la tecnologia delle cellule staminali con la necessità di evitare rischi per la salute dei consumatori.

La presentazione del documento fa seguito al flop registrato dai cibi a base cellulare negli Stati Uniti dove la rivista tecnologica del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston li ha inseriti tra i più grandi fallimenti scientifici dell’anno in quanto, nonostante il via libera alla commercializzazione ottenuto dalle autorità Usa, non vi sarebbe ancora traccia di prodotti di laboratorio nei supermercati e la produzione su larga scala risulterebbe più problematica del previsto. In particolare, diverse inchieste giornalistiche, a partire da quelle del Wall Street Journal, hanno evidenziato che Upside Food utilizzava molta manodopera, plastica ed energia per produrre pochissimi filamenti di pollo. E non è un caso che nello Stato dell’Arizona sia stata presentata una proposta di legge a livello statale ad inizio gennaio per vietare la vendita e la produzione di prodotti animali a partire da coltura cellulare né per consumo umano, né per quello animale.


Situazione che impatta pesantemente sui prodotti deperibili come l’ortofrutta fresca. Mar Rosso: SOS costi nei campi, preoccupante impatto su export e produzione delle imprese. Interessati soprattutto concimi idrosolubili utilizzati nella fertirrigazione, prime tensioni sui prezzi

Le difficoltà alla navigazione provocate dagli attacchi degli Houthi dello Yemen contro le navi nel Mar Rosso rischia di ostacolare le importazioni dall’Asia di fertilizzanti per un valore di circa 200 milioni nel 2023 con preoccupante impatto sui costi di produzione delle imprese agricole.

E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat nel sottolineare che si tratta di ben il 15% del totale delle importazioni di fertilizzanti in Italia, in riferimento al documento di Italia, Francia e Germania al Consiglio Affari Esteri sulla missione navale Ue nel Mar Rosso.

Ad essere interessati sono soprattutto i concimi idrosolubili che vengono utilizzati nella fertirrigazione e per i quali si avvertono già le prime tensioni sui prezzi.

Difficoltà per il settore anche sul lato dell’export agroalimentare Made in Italy in Asia che vale 5,5 miliardi nel 2023 del quale quasi il 90% raggiunge i Paesi di destinazione per via marittima e si scontra l’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, costrette ad evitare il Canale di Suez, hanno portato ad aumenti vertiginosi del costo dei trasporti marittimi e dei tempi di percorrenza.  

“Una situazione che impatta pesantemente sui prodotti deperibili come l’ortofrutta fresca con l’allungamento dei tempi che potrebbe creare problemi di conservazione del prodotto fresco con il rischio di perdere fette importanti di mercato che sarebbero poi difficili da recuperare – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Tra gli altri alimentari interessati alle esportazioni in Asia c’è l’ortofrutta fresca e trasformata per un valore attorno al miliardo di euro, pasta e prodotti da forno per 800 milioni, dolci per altri 400 milioni e vino per oltre mezzo miliardo con la Cina che si contende con gli Usa il primato nel consumo di rossi di cui l’Italia è tra i primi tre Paesi fornitori”.

Si tratta di un cambiamento che ha provocato il forte aumento dei costi di trasporto che sulla rotta mediterraneo-Cina sono arrivati praticamente a quadruplicare dall’inizio dell’anno ad oggi, mentre per arrivare in India circumnavigando il continente africano si impiega più di quaranta giorni rispetto ai ventotto attraverso lo stretto di Suez. Ciò comporta oltre al deperimento delle merci, l’aumento di diverse centinaia di dollari in più rispetto alle tariffe attuali e si paventa alla possibilità che venga addirittura applicato un «supplemento per il rischio guerra».

“Coldiretti, già da tempo, chiede già che venga messa in atto una task-force a livello nazionale per rimuovere con maggiore velocità le barriere non tariffarie che troppo spesso bloccano le nostre esportazioni - ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco -. Ora bisogna accelerare sulla risoluzione di un problema che sta rischiando di mettere totalmente KO l’economia internazionale perché quanto sta accadendo sul Mar Rosso è una crisi di grandi proporzioni che sta paralizzando il traffico marittimo”.


L'agricoltura non è la prima responsabile dell'inquinamento dell'aria, anzi, serve alla rigenerazione ambientale e alla sostenibilità

L'agricoltura non è la prima responsabile dell'inquinamento dell'aria, anzi, l'allevamento e l'agricoltura servono per migliorare la sostenibilità ambientale. Su queste conclusioni si sono trovati d'accordo mondo scientifico e mondo agricolo a confronto oggi a Torino con il convegno "Allevamenti e qualità dell'aria" organizzato nel capoluogo subalpino da Coldiretti Torino con i Dipartimenti di Scienze agrarie e veterinarie dell'Università di Torino.

Il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini, ha respinto le accuse agli allevamenti e alle pratiche agricole troppo spesso additate come la causa principale della formazione delle polveri sottili che minacciano la salute dei cittadini della Pianura Padana. «Le nostre aziende agricole – ha detto Prandini - sono sempre disponibili ad accettare l'innovazione che viene dalla ricerca scientifica. I nostri agricoltori sono i primi a cercare una sempre maggiore sostenibilità delle pratiche agricole. Ma quello che non possiamo accettare è essere accusati di fare ammalare la gente. Siamo stufi di assistere a una cattiva informazione sul nostro mondo e non siamo disposti ad accettare che si parli di chiusura degli allevamenti per migliorare la qualità dell'aria».

A Prandini ha fatto eco il ministro dell'ambiente e sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha ricordato l'opposizione del governo italiano che è riuscita a bloccare in Europa il tentativo di equiparare gli allevamenti alle grandi fabbriche. «Gli obiettivi sulla qualità dell'aria – ha detto il ministro – si raggiungono lavorando su più fronti ma soprattutto sul fronte energetico. C'è bisogno di equilibrio e di tempo. Il 2030 per centrare gli obiettivi strategici non basta: abbiamo chiesto almeno 5 anni in più».

La presidente di Coldiretti Piemonte, Cristina Brizzolari e il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici, hanno ricordato che l'agricoltura è pronta a migliorarsi e a diventare sempre più sostenibile «ma non per questo – hanno ricordato i due presidenti – accetteremo che si chieda agli allevamenti di chiudere».

Secondo Barbero, direttore Generale di ARPA Piemonte, ha ricordato, che, in Piemonte, il Pm10 prodotto direttamente dall'agricoltura tocca una percentuale minima, intorno al 4-5%. Ma rimane il problema delle emissioni di ammoniaca che producono particolato secondario. «Sappiamo che il Pm10 secondario generato dall'ammoniaca contiene meno sostanze dannose per la salute rispetto al Pm10 primario. Sappiamo anche che vanno approfonditi i modelli di formazione e dispersione del particolato secondario in un'area a scarso ricambio di aria come la Pianura Padana. Intanto registriamo un miglioramento complessivo della qualità dell'aria in Piemonte a conferma che agire su fronti diversi, ad iniziare dal traffico, porta risultati».

Al convegno sono intervenuti anche Carlo Grignani, direttore Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino che ha ribadito che non ha senso chiedere la chiusura degli allevamenti per migliorare la qualità dell'aria. Francesco Tresso, assessore al verde pubblico del Comune di Torino ha ricordato l'importanza ambientale dell'agricoltura per una metropoli come Torino. Marco Protopapa, assessore all'agricoltura e cibo della Regione Piemonte ha annunciato che saranno chieste più risorse per accompagnare gli allevamenti verso la riduzione dell'impatto ambientale. Gianfranco Guerrini, consigliere delegato all'ambiente della Città Metropolitana di Torino ha ricordato le azioni di area vasta svolte per il contrasto all'inquinamento dell'aria.

Per l'Università di Torino sono intervenuti con presentazioni scientifiche: Davide Biagini, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino che ha affermato l'importanza degli allevamenti animali per la qualità ambientale dei territori; Laura Zavattaro, del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Torino Giampiero Lombardi, Dipartimento di Scienze Agrarie che hanno ricordato lo stretto legame tra la biodiversità dei prati stabili e la presenza degli allevamenti. Elio Dinuccio del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino, ha illustrato le tecnologie per ottimizzare la filiera degli effluenti di allevamento riducendo l'impatto sulla qualità dell'aria e ottimizzare il bilancio del carbonio.

Foto Coldiretti

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