Alle Sale Palatine della Galleria Sabauda la mostra «Van Dick. Pittore di corte»

Mostre - Musei
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A Torino, fino al 17 marzo 2019, la straordinaria mostra dedicata ad Antoon van Dyck, il grande pittore fiammingo che rivoluzionò l’arte del ritratto del XVII Secolo, presso i Musei Reali di Torino | Sale Palatine della Galleria Sabauda.
Ha aperto i battenti, nelle Sale Palatine della Galleria Sabauda, presso i Musei Reali di Torino, la mostra dedicata ad Antoon van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641), uno dei più grandi artisti del Seicento europeo, il miglior allievo di Rubens, che rivoluzionò l'arte del ritratto del XVII secolo. La curatela dell'esposizione, è affidata ad Anna Maria Bava e Maria Grazia Bernardini ed a un prestigioso comitato scientifico, composto da alcuni tra i più noti studiosi di Van Dyck quali Susan J. Barnes, Piero Boccardo e Christopher Brown.
 
Antoon van Dyck Il Principe T ommaso di Savoia Carignano , 1635 Olio su tela, 315x236 cm Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali – Torino, Musei Reali - Galleria Sabauda
Attraverso un percorso espositivo, che si divide in quattro sezioni, sono visibili 45 tele e 21 incisioni. La mostra, intende far emergere l'esclusivo rapporto che l'artista ebbe con le corti italiane ed europee. Nella sua vita, dipinse capolavori unici per elaborazione formale, qualità cromatica, eleganza e dovizia nella resa dei particolari, soddisfacendo le esigenze di rappresentanza e di status symbol delle classi dominanti: dagli aristocratici genovesi ai Savoia, dall'arciduchessa Isabella alle corti di Giacomo I e di Carlo I d'Inghilterra.
 
LE SEZIONI
1. La prima sezione è dedicata alla formazione del giovane artista e al suo rapporto con Rubens - Van Dyck, dopo un breve apprendistato presso l’attivissima bottega di Van Balen, iniziò una stretta collaborazione con Peter Paul Rubens, uno dei più grandi artisti del Seicento, che ebbe una influenza decisiva nell’elaborazione dei suoi modi stilistici. Per le sue straordinarie capacità, a diciotto anni Van Dyck entrò nella Gilda di Anversa e aprì una sua personale bottega, pur mantenendo la collaborazione con il maestro per grandi imprese pittoriche, fino alla sua partenza per l’Italia. Fin dalle sue prime opere, molto legate allo stile di Rubens, emerge un linguaggio originale e innovativo, caratterizzato da una vena poetica, lirica, che si differenzierà dallo stile epico del maestro.
2. La seconda sezione si sofferma sull’attività di Van Dyck in Italia - Dopo un breve soggiorno a Londra presso la corte di Giacomo I, Van Dyck giunse in Italia nel 1621, dove si trattene fino al 1627, visitando Venezia, Torino, Roma, Bologna, Firenze, Palermo e Genova. Nelle “regge repubblicane” genovesi si affermò il nuovo modo di ritrarre elaborato da Van Dyck, superbo, raffinato, maestoso e al contempo vivo e fortemente emotivo, confacendosi alle esigenze di celebrazione e ostentazione del ceto aristocratico. D’altronde fu proprio in Italia che l’artista seppe definitivamente creare il suo impalpabile ed elegante linguaggio grazie allo studiondell’arte italiana, in particolare dell’arte veneta e di Tiziano, come provano gli schizzi raccolti nel noto Sketchbook, conservato al British Museum e riprodotto in mostra. I primi ritratti realizzati in Italia da Van Dyck sono capolavori straordinari, come il Cardinale Bentivoglio (Firenze, Gallerie degli Uffizi) e la Marchesa Elena Grimaldi Cattaneo (Washington, The National Gallery of Art), entrambi esposti in mostra. Negli anni successivi, l’artista eseguì un numero cospicuo di ritratti e affinò l’attenzione verso la resa pittorica delle stoffe dai ricami preziosi, l’ambientazione atmosferica e lo studio psicologico dell’effigiato.
3. La terza sezione è dedicata gli anni anversesi, presso la corte di Isabella Clara Eugenia - Tornato ad Anversa nel 1627, divenne pittore di corte dell’arciduchessa Isabella Clara Eugenia, sostituendo Rubens. Ebbe occasione di lavorare anche per lo stadholder Frederik Hendrik, principe d’Orange, che collezionò vari dipinti dell’artista tra cui opere a soggetto mitologico come Amarilli e Mirtillo e Teti nella fucina di Vulcano. In questo periodo Van Dyck raffigurò molti personaggi dell’ambiente vicino a Isabella, una galleria eccezionale di dipinti e incisioni: queste ultime furono raccolte nel volume Iconographia e in mostra ne sono esposti 13 esemplari, provenienti dall’Istituto Centrale della Grafica, accanto ad altre 8 incisioni di collezione privata. Sono presenti anche i ritratti dell’arciduchessa Isabella in veste monacale, in un confronto tra Van Dyck e Rubens.
4. La quarta sezione illustra l’attività di Van Dyck presso la corte di Carlo I - Nel 1632 si trasferì a Londra, presso la corte di Carlo I, dove rimase fino alla morte prematura, avvenuta nel 1641, a parte qualche breve soggiorno ad Anversa e a Parigi. Fu presso la corte inglese che Van Dyck raggiunse il culmine della sua fama. Realizzò un numero sorprendente di ritratti del re, della regina, dei loro figli (come le due versioni de I tre figli maggiori di Carlo I in mostra) e un gran numero di personaggi che frequentavano assiduamente la corte del re d’Inghilterra, regalandoci un panorama davvero sorprendente di quella società: i sovrani sereni e potenti, i personaggi di grande eleganza e raffinatezza, sontuosamente abbigliati, ritratti di lords, duchi, principi, ladies, da cui poco si coglie delle difficoltà politiche che l’Inghilterra attraversava con Carlo I.
Antoon van Dyck Sacra Famiglia Olio su tela, 155x142 cm Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali – Torino, Musei Reali - Galleria Sabauda
 
Le opere di Van Dick, sono un modo per entrare nel fastoso universo seicentesco, per scoprire le ambizioni dei personaggi che si fecero ritrarre dalla «Gloria del mondo»: così Carlo I amava definire il maestro fiammingo, per accrescere il lustro e il prestigio della corte. In Italia, dove Van Dyck soggiornò per sei anni, dal 1621 al 1627, visitando numerose città e dove potè approfondire lo studio dell'arte italiana e in particolare quella veneta, avviò i contatti con l'aristocrazia genovese, i sovrani torinesi e i duchi di Firenze, committenti che lo condussero a specializzarsi nella ritrattistica. Formandosi sui modelli di Tiziano e rispondendo alle esigenze celebrative della committenza, elaborò un genere del tutto personale, caratterizzato da una grande perfezione formale.
Opere come la Marchesa Elena Grimaldi Cattaneo, il Cardinale Guido Bentivoglio, Emanuele Filiberto Principe di Savoia», l'«Arciduchessa Isabella Clara Eugenia» in abito monastico, Il Principe Tomaso di Savoia Carignano, Carlo I e la Regina Enrichetta Maria sono esempi dei suoi ritratti che, per la naturalezza e spontaneità dei gesti, per la cura estrema nella resa dei materiali preziosi come sete e merletti, per le pennellate impalpabili che creano atmosfere vibranti e seducenti, esercitano ancora oggi un fascino irresistibile. Grandi e importanti, sono anche le tele dedicate ai miti, i cui racconti erano tanto in voga nell'iconografia del tempo, come Giove e Antiope, Amarilli e Mirtillo, Vertumno e Pomona e Venere nella fucina di Vulcano.
Peter Paul Rubens Susanna e i vecchioni , 1618 Olio su tela Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali – Torino, Musei Reali - Galleria Sabauda
I ritratti, provengono dai musei italiani e stranieri più prestigiosi come la National Gallery di Washington, il Metropolitan Museum di New York, la National Gallery di Londra e la Collezione Reale inglese, la Scottish National Gallery di Edimburgo, il Museo Thyssen-Bornemiza di Madrid, il Kunsthistorishes Museum di Vienna, l'Alte Pinakotek di Monaco, il Castello Arcivescovile di Kromeriz presso Praga, le Gallerie degli Uffizi, i Musei Capitolini di Roma, la Ca' d'Oro di Venezia, la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, il Palazzo Reale e i Musei di Strada Nuova di Genova, in dialogo con l'importante e corposo nucleo di capolavori della Galleria Sabauda.